La noce di mare prolifera, pesca in pericolo in Puglia
Non abbiamo buone notizie dai nostri mari: la noce di mare sta proliferando. Di cosa si tratta? All’apparenza sembra una medusa, ma in realtà è qualcosa di molto più nocivo. Nello specifico si tratta di uno ctenoforo invasivo appartenente alla specie Mnemiopsis leidyi; non è urticante, ma estremamente dannoso per la pesca e l’ecosistema.
Nello specifico la noce di mare si è spinta sino alla laguna di Lesina in Puglia, più specificatamente sul Gargano. Si tratta di una delle 100 specie considerate invasive a livello mondiale; e si è diffusa nel Mediterraneo solo negli ultimi decenni.
Così ha detto Angela Santucci, ricercatrice dell’Istituto di Scienze Marine del Cnr di Lesina (Foggia), che ha inoltre sottolineato come questo ctenoforo sia arrivato accidentalmente dal Mar Nero attraverso le navi degli anni ’80.
La noce di mare prolifera, pesca in pericolo
La biologa ha spiegato che l’intervento è avvenuto dopo le segnalazioni di alcuni pescatori locali; questi infatti avevano trovato le reti da pesca letteralmente invase da una sostanza gelatinosa simile a quella dei plancton.
Santucci ha spiegato che “essendo un predatore molto vorace si nutre di zooplancton, larve e uova di pesci; pertanto può alterare la catena trofica, riducendo l’abbondanza degli stock ittici nonché causare grossi danni all’economia della pesca, com’è successo nel Mar Nero”.
La noce di mare può alterare la catena trofica provocando una drastica riduzione delle quantità di pesce. Può dunque causare danni ingenti alla pesca; ad esempio, alla fine degli anni ’80 la biomassa di alici si ridusse addirittura di due terzi nel Mar Nero. La causa? La competizione alimentare e della predazione di larve e uova di alici ad opera della Mnemiopsis leidyi.
Questi animali non sono di grosse dimensioni, infatti non superano i 10 centimetri. Per riconoscerli bisogna ricordare che hanno un corpo gelatinoso e del tutto trasparente con bande iridescenti; quando diventa buio, appaiono di un colore che tende al verde. Sono quindi facilmente riconoscibili per chi non li distingue.
La biologa ha ricordato che l’arrivo di questi animali è piuttosto recente nel nostro paese; la prima segnalazione risale al 2005 e proveniva dal Golfo di Trieste. Un invito a fare attenzione, quindi, dopo la seconda “fioritura” avvenuta nell’estate 2017.
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