Il crollo di Facebook e la sfiducia degli utenti: crisi superabile?
La notizia del crollo di Facebook in Borsa il 26 luglio ha fatto il giro del mondo in pochi secondi. In una sola giornata si è registrata la perdita di 120 miliardi di dollari, corrispondenti a 100 miliardi di euro; insomma, il calo più ingente che un’impresa ha subito in un solo giorno in tutta la storia degli Stati Uniti.
La situazione sta generando domande e analisi più approfondite. Si tratta solo di un crollo economico momentaneo o di vera crisi strutturale? Sarebbe quest’ultima, infatti, l’ipotesi sostenuta da una riflessione di Frank Pasquale, docente presso l’Università del Maryland in una materia che la dice lunga sulle sue competenze: diritto dei dati, degli algoritmi e dell’intelligenza artificiale.
Ma cosa ha causato il crollo di Facebook? Gran parte della responsabilità sembra doversi attribuire ai dati diffusi qualche giorno fa sull’ultimo trimestre. L’annuncio circa un rallentamento dei ricavi di crescita avrebbe provocato un forte scetticismo sugli investitori.
In particolare, la grande sfiducia deriva dalla mancata corrispondenza tra l’ultimo report trimestrale e le previsioni di crescita dei ricavi; gli utenti sono aumentati ma al minimo storico e, addirittura, sono diminuiti in Europa e nel Nordamerica.
Il crollo di Facebook e la sfiducia degli utenti: cosa accadrà?
In realtà quello che preoccupa non è tanto il crollo economico di Facebook dovuto alla perdita, pure ingente, registrata il 26 luglio. Sono numerose, infatti, le imprese che hanno vissuto momenti difficili (pensiamo a Intel che perse 91 miliardi in un giorno o Microsoft che ne perse 77); eppure si sono riprese e sono tutt’oggi rimaste solide e stabili.
Il vero problema di Facebook sembra risiedere invece proprio nell’arresto della crescita degli utenti. Sebbene infatti si sia registrato un aumento globale, anche se minimo, questo deriva da Paesi nei quali la pubblicità è ancora troppo poco redditizia, con ricavi inferiori ai 2 dollari per utente. Europa e Stati Uniti, invece, che contano rispettivamente introiti di 9 e 26 dollari per utente, hanno registrato o una stasi o addirittura un calo delle registrazioni; e questo trend potrebbe continuare anche nei prossimi mesi.
Dobbiamo comunque ricordare che sono state molte le battute d’arresto incontrate dal social negli ultimi anni. Le interferenze russe sulle elezioni USA nel 2016; il caso di Cambridge Analytica e la diffusione incontrollata dei dati di milioni di utenti; i costi della privacy, soprattutto a seguito del GDPR. Non ultimo, lo scarso ricambio generazionale dovuto al fatto che Facebook sia considerato dai ragazzini un social “per vecchi”. Insomma sembra che Facebook non navighi esattamente in buone acque.
Un’altra ipotesi possibile? Secondo alcune voci, sarebbe stato proprio il social network per antonomasia a prospettare uno scenario più pessimistico, per ridurre le aspettative degli investitori in vista dei mesi difficili che ancora ci saranno.
Sicuramente, Mark Zuckerberg e il suo team dovranno lavorare parecchio per riconquistare la fiducia degli investitori, ma anche e soprattutto quella degli utenti. Staremo a vedere.
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